La settimana Telegram (Aprile 2020)

In questa pagina vengono pubblicati i post che escono ogni giorno sul canale Telegram di Disobbedienze.

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Il funerale al Drive in
(15 Aprile 2020)

Il distanziamento sociale prende immediatamente forme impreviste, imprevedibili. A San Antonio, in Texas, si è celebrato un funerale in un drive-in creato per l’occasione. L’agenzia funebre Mission Park Funeral Chapels and Cemeteries offre proprio questo servizio: le persone partecipano dalle proprie macchine e il funerale – se così si può dire – corre sullo schermo.

L’App che individua Covid19 dalla tosse
(17 Aprile 2020)

In attesa che arrivi la nuova App sviluppata dal Governo italiano – dal titolo non particolarmente originale “Immuni” -, e cioè un’App che serva a tracciare sintomatici e asintomatici, infetti e suscettibili, la tecnologia negli Stati Uniti sta già andando molto oltre. Alcune aziende, infatti, stanno studiando la possibilità di fare il test di positività utilizzando un semplice smartphone. Come? In questi giorni le intelligenze artificiali stanno registrando, analizzando e classificando il suono della tosse di chi è affetto da Covid19. Dopo aver ascoltato centinaia di milioni di colpi di tosse, a partire da quella di chi chiama il 911, l’intelligenza artificiale potrebbe essere in grado di capire se una persona ha contratto il virus o meno. Ovviamente ci sono molti dubbi, molte critiche e molte perplessità. Di sicuro si tratta dell’ennesimo passo – vedremo se di successo o meno – per ammantare di virtù taumaturgiche la tecnologia.

Sposarsi in parcheggio
(19 Aprile 2020)

Per Disobbedienze osservare quanto accade in California è naturale. Laggiù c’è la Silicon Valley e prosperano le techno-corporation. In questi giorni si nota anche una strenua ricerca di soluzioni al distanziamento sociale. Le soluzioni tecniche californiane hanno un’aura particolare che rischia sempre di essere esportata un po’ ovunque. Qualche giorno fa vi ho fatto vedere un funerale allestito in un Drive-in. Per fortuna c’è anche altro. Nella Contea di Orange, in quella specie di Centro fieristico con una città attorno, che è Anaheim, si sono inventati un modo per continuare a celebrare matrimoni al tempo del Covid19. Dopo aver provato con i cinema che però erano tutti chiusi, i pubblici ufficiali della Contea si sono fatti affittare le biglietterie di un parcheggio dell’Honda Center, una mega struttura fieristica locale. Oltre agli sposi può assistere un solo testimone, le coppie parlano con i funzionari via walkie talkie perché i buchi da cui passavano i biglietti sono stati sigillati, e i documenti si mostrano schiacciandoli sul vetro. Al momento del sì, le coppie devono abbassare le mascherine per farsi riconoscere; alcuni parenti rimangono in macchina, nel parcheggio, e condividono su Zoom tutta la cerimonia a distanza di sicurezza. In fondo, si nota sulla sinistra, le autorità hanno allestito anche uno sfondo dove scattare una foto, un set già pronto perché la foto possa essere inscatolata e condivisa sui social network.

Sempre più Netflix
(22 Aprile 2020)

16 milioni di utenti in più negli ultimi 3 mesi. Questo è l’effetto Covid19 su Netflix: la cifra è più che doppia rispetto alle previsioni. La piattaforma di streaming, grazie all’epidemia e alla quarantena, è arrivata a 183 milioni di abbonati nel mondo. Qualche problema esiste, certo, legato soprattutto alla produzione. Ma il grande capo, Reed Hastings, ha detto che se lo stop dura solo 3 mesi non dovrebbero esserci grosse difficoltà. Netflix ha contenuti per tutto il 2020 e per buona parte del 2021. Sta lavorando su 200 progetti in montaggio e post-produzione; gli autori stanno scrivendo soggetti e  sceneggiature in attesa che si possa ricominciare a girare e l’azienda sta facendo shopping per comprare film e serie da altre aziende; insomma tutte cose che possono essere fatte in quarantena.

Non dimentichiamo che Netflix ha uno degli algoritmi più efficaci tra le techno-corporation. Funziona su 3 gambe, la prima è umana: i tagger, persone pagate per guardare tutti i contenuti e catalogarli in maniera iper dettagliata. La seconda è un’intelligenza artificiale che apprende dagli utenti, i quali sono la terza gamba. L’algoritmo di Netflix apprende sulla base di quello che guardano le persone, di ciò che guardano prima e dopo di aver visto un contenuto, di cosa hanno guardato nel tempo e a che ora del giorno. Il mix di questi tre elementi inserisce ogni utente in diverse taste communities, le “comunità di gusto”, ce ne sono circa 2000. A ogni “comunità di gusto” vengono proposte più o meno le stesse serie o gli stessi film.

Il futuro prossimo dei Deepfake
(24 Aprile 2020)

Sapete cosa sono i deepfake? Quei video creati grazie all’intelligenza artificiale completamente falsi. Ne vengono pubblicati di continuo, alcuni sono diventati celebri, come quello della speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, Nancy Pelosi, che sembrava completamente ubriaca. I deepfake diventano sempre più sofisticati ed è sempre più difficile riconoscerne la falsità. Oggi assistiamo a un passo avanti enorme nella messa a disposizione per chiunque della tecnologia necessaria a produrre deepfake. Nello store di Apple, infatti, è in vendita a 5.50$ a settimana un’applicazione che consente di farsi deepfake da sé. Si chiama Impressions ed è di gran lunga migliore delle App precedentemente in vendita. Per adesso questa applicazione consente di sovrapporre il proprio volto a quello di una celebrità. In sostanza l’utente registra un video e poi l’intelligenza artificiale lo sovrappone e lo trasforma (in 3 minuti) in quello di personaggio famoso che dice, o fa, quanto l’utente ha registrato in precedenza. Impressions aggiunge un certo numero di personaggi famosi a settimana. Per adesso ci sono Al Pacino, Ronaldo e Brad Pitt.

Per adesso questa applicazione consente di sovrapporre il proprio volto a quello di una celebrità. In sostanza l’utente registra un video e poi l’intelligenza artificiale lo sovrappone e lo trasforma (in 3 minuti) in quello di personaggio famoso che dice, o fa, quanto l’utente ha registrato in precedenza. Impressions aggiunge un certo numero di personaggi famosi a settimana. Per adesso ci sono Al Pacino, Ronaldo e Brad Pitt. Si tratta del classico caso in cui una tecnologia che per adesso è utilizzata da pochi, arriverà in breve alla portata di tutti. Provate a ragionare sulle conseguenze e sui problemi connessi alla diffusione dei deepfake. Negli USA già si discute della privacy dei video caricati dagli utenti. Ma non è difficile immaginare che presto si potrà creare un video in cui un utente si sostituisce non solo a un attore di Hollywood, ma anche al proprio vicino di casa, al capufficio o al candidato alla Presidenza degli Stati Uniti. Ecco, se giusto per non dimenticare che quest’anno gli americani votano a novembre.

Le stanze di Facebook
(27 Aprile 2020)

Facebook ha lanciato un pacchetto di novità venerdì scorso. L’ha presentato Mark Zuckerberg in persona e, come sempre quando parla lui, significa che si tratta di novità corpose. L’elemento lessicale interessante è che il capo di Facebook ha raggruppato tutto sotto un unico cappello semantico: la “video presenza”, in realtà si tratta di un’assenza compensata dallo stare insieme davanti a uno schermo. Quando siamo connessi in “video presenza” – ha spiegato Zuck – possiamo fare 3 cose: videochiamate, video in diretta, e video riunioni/appuntamenti in gruppi. Per le videochiamate si fa uno squillo, per le stanze basta un link, anche senza appuntamento, per le dirette si va in diretta – annunciandola o meno sui propri profili – e chi vuole segue.

Vediamo adesso quali sono le novità:  – introduzione di Rooms, videochiamate di gruppo fino a 50 persone, si accede con un link e direttamente dall’app con un pulsante – Join – in alto; un elemento dirompente per i concorrenti è che la stessa videochiamata potrà essere vista anche su Instagram e Whatsapp;
– su Messenger gli utenti potranno mettere sfondi virtuali e soprattutto utilizzare l’Intelligenza artificiale per illuminare meglio le persone e per rendere “la video presenza più efficace, divertente e piacevole”;
 – a proposito di whatsapp, il numero massimo di possibile che possono vedersi in una videocall arriva a 8; 
 – rilancio di Portal, una specie di tablet pensato per le videochiamate con pochissimi comandi; 
 – possibilità di farsi pagare mentre si fa un video, l’idea è quella di monetizzare lezioni e corsi.

Apparentemente tutto ciò sembra un grande classico di Menlo Park: la rincorsa rapidissima in un settore in cui ha perso terreno, un processo cui il grande capo di Facebook ci ha abituati da tempo. Basti ricordare che Zuck aveva provato ad acquistare Snapchat, senza tuttavia riuscirci, spedendo poi frotte di ingegneri a riprogrammare Instagram per farlo somigliare sempre di più allo stesso Snapchat, a partire dai filtri e dalle storie. Mark Zuckerberg era rimasto indietro sul fronte delle App per videochiamate. Nelle prime settimane di quarantena le persone hanno scelto Zoom, Houseparty, Teams di Microsoft e Meet di Google. Certo, agli utenti della sua galassia Zuckerberg fin qui ha potuto offrire solo la videochiamata a 4 su Whatsapp, e le dirette di Instagram; queste ultime hanno avuto un ruolo nell’intrattenimento da parte di protagonisti del mondo dello sport e dello spettacolo. Non abbastanza per un colosso come il gruppo Facebook.

Adesso Zuck riguadagna il tempo perso. Lo fa con due mesi di ritardo, ma tara l’offerta su quelli che sembrano essere i servizi che gli utenti hanno più utilizzato in questo periodo, parte dai limiti dei concorrenti (non a caso ha puntato molto l’accento su privacy e crittografia delle videochiamate, pensando alle falle sul fronte sicurezza di Zoom) e offre nuove funzioni. Soprattutto Facebook mette sul tavolo il potere enorme che gli deriva dal numero degli utenti attivi in tutte le sue piattaforme messe assieme. Miliardi di utenti nel mondo. Elemento questo che potrebbe cambiare in maniera profonda gli equilibri tra i vari servizi di videochiamata.
L’obiettivo di Zuck però è sempre lo stesso: dopo aver messo in difficoltà la concorrenza, vuole offrire il maggior numero di servizi possibile a chi abita le sue piattaforme, spingendo l’utente a non uscire mai da esse. Creare insomma un ambiente digitale confortevole, in cui ritrovarsi in un momento in cui siamo costretti a vivere distanti. Ci ritroviamo in una particolare e già consueta forma di “presenza”, quella che lui chiama “video presenza”; e non appena l’ha definita così sa di spingere – come sempre – un po’ più in là il significato delle parole, offrendo un sostegno, un senso, alla costruzione di nuove abitudini, grazie ai servizi che Facebook offre.

La più grande palestra del mondo
(28 Aprile 2020)

Provate a immaginare una gigantesca palestra in cui oltre 23.000 persone sono impegnate simultaneamente ad allenarsi, da casa. È quello che è avvenuto la scorsa settimana dentro lo spazio digitale di Peloton, azienda americana che unisce hardware e software in ambito sportivo. 

La società produce ciclette, tapis roulant, abbigliamento sportivo e attrezzi; e accanto agli oggetti fisici offre un’App a pagamento che consente di fare lezioni in streaming (e on demand) in molte discipline, dalla corsa al ciclismo, dalla meditazione allo yoga. Grazie alla quarantena, che ha chiuso tutte le palestre americane, Peloton – dopo un primo periodo di incertezza – ha deciso che valeva la pena sfruttare il momento. Il capo istruttore dell’azienda è andato in diretta streaming da casa sua davanti a una classe di 23.000 persone, che sono rimaste connesse ciascuna per almeno 10 minuti. Un risultato che ha battuto il record precedente di 19.000 utenti per un’altra lezione di ginnastica in streaming. Numeri che nessuna palestra fisica potrà mai eguagliare.

Che il Covid19 sia un acceleratore di nuovi comportamenti e un installatore (per dirla in termini crudi e informatici) di nuove abitudini è un dato di fatto. La quarantena appare, soprattutto, come un trasformatore sociale di cui – solo alla fine – potremo misurare la forza. E una prima cosa che andrà verificata sarà proprio la relazione con lo sport, con le palestre, dopo mesi di “distanziamento sociale”. Allo stesso modo in cui lavoriamo o facciamo lezione davanti a un monitor, c’è da chiedersi quanto ci metteremo ad abituarci a fare sport da soli davanti a uno schermo.

Come sempre Mark Zuckerberg riesce a cogliere quelle sfumature nelle parole – si pensi all’utilizzo del temine “amico” – che descrivono una trasformazione profonda nella nostra vita onlife. Quando il gran capo di Facebook parla di “video presenza” registra il cambiamento e gli attribuisce una coloritura positiva. Non possiamo dimenticare che la condizione di chi si allena in solitudine, davanti a uno schermo, interagendo con esso, è oggi una necessità che non ha nulla di positivo, se non nel fatto che sembra non esserci alternativa.

La corsa o la cyclette in “video presenza”, insomma, potrebbe trasformarsi in un’abitudine sportiva “in assenza”, e in una clamorosa raccolta di dati circa le preferenze sportive e i dati di salute degli iscritti alla App di Peloton. Se anche le palestre dovessero riaprire, queste due cose non riuscirebbero mai a ottenerle. Mentre Peloton potrà arricchirsi vendendo cyclette, tapis roulant, abbonamenti all’App e la merce più preziosa del presente: i dati.

Bubble e Apollo
(29 Aprile 2020)

Si chiama Bubble ed è il progetto di tracciamento dei pazienti con Covid19, promosso da una manciata di dipendenti Apple, a partire dallo scorso 10 aprile. In pochi giorni l’iniziativa si è allargata all’altro gigante dei sistemi operativi per smartphone, cioè Google. Il motore di ricerca stava già lavorando a un progetto analogo, nome in codice: Apollo. Alla fine le due aziende sono, per forza di cose, arrivate a un accordo. Era l’unico modo per garantire che il maggior numero di utenti potesse utilizzare Bubble o come si chiamerà.  La sostanza è identica: si tratta di un sistema di tracciamento dei pazienti infetti da SARS-Cov-2, che verrà  messo a disposizione degli sviluppatori di software già venerdì 1° maggio.
Bubble – secondo quanto riferisce la CNBC – utilizzerà il segnale Bluetooth ma in una maniera inedita, così da non scaricare subito le batterie degli smartphone. 
La soluzione che le due aziende offriranno non sarà una vera e propria App. Ma un sistema che consentirà alle istituzioni pubbliche di sviluppare ciascuna la propria Applicazione, a seconda delle esigenze e delle preferenze dei governi. 
Il sistema utilizzato è decentralizzato, basato sullo standard DP-3T e  sfrutterà lo scambio di chiavi crittografiche. Insomma le due aziende faranno capire che – a differenza degli Stati nazionali – loro tengono davvero alla privacy degli utenti.
Sono arrivate prima loro, prima di tante nazioni, in maniera efficiente, senza discussioni e senza quel fastidioso rumore di fondo rappresentato dal dibattito pubblico (su Telegram non si può mettere il corsivo, ma insomma spero sia evidente che si tratti di un’affermazione sarcastica). Dal punto di vista politico Apple e Google esibiranno al mondo intero un successo senza precedenti, perché mette la tutela della salute e quella della privacy sullo stesso piano e in capo a due soggetti privati, non alle istituzioni. 

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