La criptomoneta di Facebook e un nuovo ecosistema del commercio

La storia della finanza e dei commerci potrebbe vedere un nuovo scintillante inizio in questo breve post di Mark Zuckerberg. L’alba di una moneta digitale che magari, in un futuro recente, verrà utilizzata da miliardi di persone nel mondo e potrà soppiantare o sostituire le grandi valut. La moneta si chiama Libra, è progettata sulla blockchain, e a batterla sarà Facebook insieme a un gruppo di piattaforme e aziende americane, tecnologiche e finanziarie.

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Ma facciamo un passo indietro per capire cosa sta succedendo.
Quando in Manuale di disobbedienza digitale ho definito le grandi techno-corporation, Facebook, Apple, Google, Amazon, come Meta-nazioni digitali, è perché immaginavo una valenza politica, internazionale e para-istituzionale della loro esistenza in vita.
In fondo – questo è il ragionamento – le piattaforme contano su un popolo (gli utenti), dispongono di confini in un territorio digitale enorme e limitato, hanno un’organizzazione burocratica e dei sovrani riconoscibili – i fondatori e gli amministratori -, dispongono del monopolio nell’utilizzo della forza all’interno di quei confini, fanno riferimento a norme generali che regolano l’esistenza all’interno dei loro confini (gli algoritmi e gli standard di comportamento delle comunità) e infine tutelano da sé i propri interessi nei confronti di altri Stati, degli organismi internazionali e di altri grandi conglomerati tecnologici o digitali. Risulta evidente che si tratta di una sovranità del tutto particolare, perché non esclude che un cittadino di una Meta-nazione digitale possa, ad esempio, essere imprigionato da uno Stato nazionale tradizionale, ma può anche capitare l’esatto contrario, e che cioè il cittadino di una Meta-nazione digitale compia un illecito per gli standard di comportamento e dunque essere interdetto in perpetuo dalla vita sociale di quella Meta-nazione digitale, pur continuando a vivere tranquillamente la sua vita offline, diciamo così.
Si tratta di un esperimento interpretativo, che però – ed è la ragione per cui continuo a proporlo – serve a superare categorie con le quali cerchiamo di spiegare, raccontare e analizzare formazioni sociali che sfuggono alle definizioni tradizionali. Per capirci, caratterizzare Facebook come un’azienda è corretto sotto molti profili ma, con evidenza, risulta del tutto limitante.    

A questo ragionamento sulle Meta-nazioni digitali mancava tuttavia ancora un elemento, tra quelli che servono a definire e riconoscere come tale una nazione o insieme di nazioni, e cioè la possibilità di battere moneta. Bene, questo anello mancante oggi sembra non essere più tale. Lo scorso 2 maggio Facebook ha registrato in Svizzera una nuova società, Libra networks, che «fornirà servizi finanziari e tecnologici e svilupperà hardware e software correlati».
E oggi, sempre Facebook, tramite un post di Mark Zuckerberg, ha annunciato che intende lanciare la criptomoneta chiamata Libra in partnership con grandi aziende, dell’universo digitale e non, come Mastercard, Visa, Vodafone, Uber, eBay, Booking.com, Spotify, PayPal e molte altre. Il consorzio raggruppa oggi 28 soggetti ma è destinato a crescere. Una moneta che che sarà agganciata a obbligazioni e titoli per ridurne la volatilità. Zuckerberg la definisce una «infrastruttura finanziaria globale che abiliti miliardi di persone in tutto il mondo». E le dimensioni, in casi come questi, contano.

Negli ultimi mesi il capo di Facebook aveva lanciato una grande campagna per assumere esperti del settore finanziario che lo aiutassero a rendere solido il progetto. L’obiettivo è far diventare, in breve, Libra la moneta di riferimento e scambio all’interno della sua Meta-nazione digitale e di tante altre piattaforme che servono miliardi di persone nel mondo.
Un sistema di pagamento utilizzabile dai 2.4 miliardi di utenti di Facebook (e Messenger), dal miliardo di utenti di Instagram e dal miliardo e mezzo di utenti di WhatsApp, dai miliardi di utenti di eBay, Spotify e Booking.com, solo per citarne alcune. Utenti che spesso sono le stesse persone che però si spostano, di piattaforma in piattaforma, a seconda delle differenti necessità di relazione, intrattenimento e comunicazione.

Insomma una moneta che potrebbe diventare sovrana ed esclusiva all’interno di uno spazio sovrano. Dentro il territorio digitale governato da Zuckerberg, le persone e le aziende potrebbero pagare ed essere pagate direttamente per l’acquisto e la vendita di beni o servizi, per trasferire soldi a un parente o un amico, e il tutto «sarà facile come mandare una foto»; oppure – ed è un’ipotesi del Wall Street Journal – le persone potranno essere remunerate in criptomoneta quando guardano un annuncio o interagiscono con esso.  L’obiettivo è rendere sicuro lo scambio di valore nello spazio digitale, senza portare soldi contanti in tasca, soprattutto per quel miliardo di persone che non ha un conto in banca ma che possiede uno smartphone.

Più in generale, nel momento in cui tutte le piattaforme della galassia Facebook attiveranno un sistema di e-commerce efficiente – in cui si potrà pagare con Libra – svanirà la distanza tra utente e acquisto, tra stimoli, ricerca di informazioni, pubblicità, tra la “particella infinitesimale d’attenzione“, la scelta d’acquisto e la recensione; svanirà la distanza tra un consumatore e un viaggio, un albergo, un giornale o un paio di scarpe. Non assisteremo più né ai Momenti zero della verità, ZMOT, né ai micromomenti della verità, come li chiamano i pubblicitari, ci attesteremo sui LTZMOT, Less than Zero moment of truth; e non sarebbe sbagliato ricordate proprio qui Bret Easton Ellis che in Meno di Zero scriveva: “se vuoi qualcosa hai il diritto di prenderla. Se vuoi fare qualcosa hai il diritto di farla“, abolendo definitivamente la distanza tra il desiderio e il soddisfacimento di quel desiderio.
Il social network di Mark Zuckerberg, fin qui uno dei due grandi monopolisti della pubblicità digitale, potrà cominciare a trasformare casa sua in una piattaforma di vendita con un proprio sistema di pagamento. Qualcosa di più controllabile ed efficiente di quell’oggetto triste che va oggi sotto il nome di Marketplace.
Facebook comporrà la sintesi di advertising e acquisto, chiudendo il cerchio in maniera definitiva. Vista la sublime efficacia della piattaforma di individuazione del pubblico, le aziende otterranno, in un unico spazio e con un solo strumento, il santo Graal della pubblicità unito a quello dei consumi: un pubblico pressoché illimitato ma scomponibile in sotto-pubblici iper profilati, con millimetrica precisione, cui vendere il prodotto più adatto ai loro bisogni. Realizzando il vero sogno di qualunque techno-corporation, e cioè esaurire l’esperienza totale di navigazione all’interno della propria piattaforma. Un simile panorama non può che generare interrogativi, non solo sconfinati spazi di vendita a sconfinate platee di consumatori, ma anche una criptomoneta che per la prima volta potrebbe essere utilizzata da una platea globale.

  • Cosa accadrebbe se Facebook riuscisse a diventare la piattaforma di e-commerce più popolata e utilizzata al mondo, sfruttando una propria criptomoneta?
  • E cosa accadrebbe se, per ipotesi, Zuckerberg decidesse di consentire il commercio all’interno delle sue piattaforme permettendo la sola Libra, escludendo le altre valute?
  • Detto in altri termini, cosa accadrebbe se decidesse di lasciare campo libero a tutte le merci, a tutti i beni e servizi, purché questi vengano acquistati e venduti utilizzando la sua valuta e non l’euro o il dollaro?

Oggi è ancora presto per dare una risposta. Ma queste domande concorrono a delineare il futuro della Meta-nazione digitale di Zuckerberg e se la risposta fosse affermativa avremmo di fronte un oggetto digitale cui dovremo prendere nuovamente le misure. E l’idea di avere accanto a sé altri soggetti non da poco dell’universo digitale e della finanza – come Mastercard e Visa – rende ancora più solido, più temibile per i concorrenti il progetto Libra.

Facebook negli ultimi mesi, scottato dalle vicende nate con lo scandalo Cambridge Analytica, sta chiudendo sempre di più i recinti in cui le persone esprimono la propria socialità. E quindi per usare le sue parole, egli tenta di spingere sempre più gli utenti in un “salotto digitaleinteroperabile composto da Messenger, Instagram e WhatsApp, cui assicurare un sempre più un “futuro privato”.


Lì dentro oltre alle parole, alle foto, alle emozioni delle persone, scorreranno – come già accade per WeChat – anche le merci che potranno essere acquistate con una propria moneta. Assisteremo alla nascita di un nuovo ecosistema del commercio globale, differente da Amazon che è “solo” piattaforma. Un ambiente complesso in cui i sentimenti degli utenti entrano in relazione diretta con beni e servizi che potranno vendere loro bene, acquistare la merce più preziosa
Su Instagram è già partita negli USA la sperimentazione di forme di e-commerce all’interno delle storie. La novità oggi è che – tra non molto – gli acquisti potranno essere fatti con una moneta sulle cui banconote risplende in filigrana l’immagine del giovane Mark. A questo punto la definizione Meta-nazione digitale sarà un po’ meno provocazione e somiglierà un po’ di più alla realtà.
Infine si capisce bene perché il social network stia investendo soldi, energie e risorse per recuperare terreno sul fronte della reputazione. Come ha detto al Wall Street Journal il capo del Marketing di Facebook, Antonio Lucio, «non c’è dubbio che abbiamo commesso qualche errore, e adesso vogliamo affrontare questi errori e risolverli uno dopo l’altro, ma dobbiamo anche raccontare al mondo una storia di fiducia e di valore». La vicenda di Libra spiega meglio di ogni altra cosa perché sia così urgente rafforzare la reputazione dell’azienda: senza reputazione, senza fiducia, nessuna moneta scivola e suona nelle tasche delle persone, anche in quelle digitali.

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